La Scuola di Adolfo Ferrata

Nel 1923 Giovanni Di Guglielmo descrive il primo caso di eritremia, ancor oggi nota come malattia di Di Guglielmo, e si interessa a lungo di patologia eritrocitaria, tanto che per oltre vent’anni tutta l’ematologia internazionale ha definito situazioni di difficile inquadramento con il nome di „Sindrome di Di Guglielmo“. Insime ai suoi allievi forma centri ematologici a Catania, Napoli e Roma, dove in suo onore si terrà nel 1960 un congresso internazionale di ematologia.
Paolo Introzzi, successore di Ferrata alla cattedra di Clinica medica di Pavia, nella sua più che ventennale direzione pavese, continua l’opera del mestro, e forma personalità ben note in campo ematologico, come Angelo Baserga e Paolo Larizza; il primo a Ferrara si interessa ai moderni aspetti della patologia cromosomica ed il secondo, a Perugia, si dedica con i suoi allievi alla trapiantologia midollare.
Aminta Fieschi i cui studi sul midollo osseo hanno rappresentato la base delle odierne acquisizioni, è dapprima a Siena e poi definitivamente a Genova.
Edoardo Storti, il più giovane degli allievi, è a Modena dal 1951 al 1969 e ritorna a Pavia, successore di Introzzi. Per primo applica i metodi citochimici allo studio delle cellule ematiche, riuscendo a definire con criteri citochimici e non solo citomorfologici, la distinzione fra le forme linfatiche e mielodi delle leucemie; in seguito affronta il grave problema della artropatie croniche dei soggetti emofilici conseguenti agli emartri recidivanti, iniziando l’intervento del tutto pionieristico della sinoviectomia. L’intervento viene praticato in molte altre sedi con netto vantaggio nei confronti delle emorragie articolari ricorrenti, senza modificazioni dell’articolarità. Questa priorità è sottolineata anche dall’invito a tenere una relazione all’accademia delle scienze di New York.

L’opera di Storti è sommamente importante per l’ematologia italiana e non solo. Nei primi anni 70 la rivista Haematologica sta morendo come d’altro canto fanno le gloriose riviste tedesche, le più antiche del mondo, e negli anni 80 le francesi. Con l‘aiuto della Società italiana di Ematologia, Storti decide di tentare la rinascita della rivista ferratiana; si inzia con una rivista che ha meno di 100 abbonati, per lo più pavesi o di provenienza pavese, e progressivamente, anche con l’intervento operoso di un gruppo di giovani che stanno crescendo intorno a Sergio Perugini, il primo degli allievi diretti di Storti, le rivista viene pubblicata in inglese, entrando così nella valutazione internazionale in termini di impact factor. Negli anni 80 e 90 la rivista cresce soprattutto per opera di Mario Cazzzola e diviene dapprima l’organo ufficiale della Società spagnola di Ematologia e dal 2005 anche della Associazione europea di Ematologia.
Oggi, Haematologica, nata nella primavera del 1920 nelle sale del notissimo caffè Gambrinus di Napoli, è la più vecchia rivista di ematologia del mondo e forse la più quotata delle riviste di ematologia generale dopo quella americana, con un impact factor in continua crescita.